Il cosmetico più astuto e artificioso è stato quello per il quale l’uomo non avrebbe dovuto piangere in nessuna circostanza.
Trucco e pianto spesso sono stati confusi fino a trasformarsi in tabù.
Il pianto nell'antichità, come tutti i liquidi del corpo umano - il sangue, il sudore, lo
sperma - era sinonimo di vita e vitalità. Nelle situazioni estreme l'eroe piange e così
si sente vivo. Dopo il lutto e la disperazione, può rinascere. Il pianto degli uomini si
svela già da subito diverso da quello delle donne: le lacrime femminili sono
inesauribili e le sfinisce, quello degli uomini permette la palingenesi.
L’uomo che piange non è un fatto contemporaneo e sicuramente le lacrime hanno
una funzione catartica e fortemente empatica.
L’uomo che piange è un valore positivo del mondo contemporaneo come di quello
classico, pulisce l’anima dando sfogo alle sue sofferenze.
Così come il pianto, nel corso del tempo il trucco è diventato un forte veicolo di
concetti a volte diametralmente opposti.
In passato l’ideale della bellezza aveva un significato spirituale, gli egiziani come i
greci ed i romani credevano infatti che la bellezza fosse gradita agli dei.
Utilizzavano la Kohl, una polvere di colore scuro ottenuta dalla macinazione del
bruciato di mandorle, il piombo e il rame, minerali, cenere e ocra .
Nei paesi europei la carnagione pallida divenne nota come segno di ricchezza e di
posizione sociale come nel Rinascimento italiano. Intorno al periodo Vittoriano, il
trucco del viso cominciò ad essere associato a prostitute ed attrici.
Dal patriottismo all’emancipazione sessuale: donne che hanno sedotto uomini,
donne che si sono emancipate da stereotipi di uomini che hanno idealizzato una
rappresentazione di femminile fino a riappropriarsene facendo nuovamente,
prepotentemente uso di cosmetici, in un lungo ciclo evolutivo.
Truccarsi è inversamente proporzionale alla forza di piangere? Ci si trucca
per non piangere o si piange per liberarsi da un trucco pesante?